Fibrocartilagine Triangolare

Fibrocartilagine Triangolare: Dalla Lesione alla Riabilitazione

La fibrocartilagine triangolare (TFCC), detta anche cartilagine triangolare polso o cartilagine polso, come ci racconta il dott. Stefano Diprè del centro fisioterapico a Milano, è una struttura fondamentale che fa parte del complesso fibrocartilagineo triangolare situato nell’articolazione radio-ulnare distale (DRUJ). La sua funzione principale è stabilizzare questa articolazione e ammortizzare gli stress che si verificano tra la superficie articolare distale dell’ulna e le ossa del carpo, in particolare il piramidale. La fibrocartilagine triangolare si comporta come un vero e proprio menisco articolare, con una forma biconcava che si inserisce sul radio e sull’ulna, precisamente sul processo stiloideo ulnare.

Questa cartilagine triangolare del polso presenta una diversa vascolarizzazione a seconda della regione: la porzione centrale è scarsamente vascolarizzata, limitando la sua capacità di guarigione in caso di lesione. Al contrario, le aree periferiche sono meglio vascolarizzate e hanno maggiori possibilità di recupero.

Storicamente, già negli anni trenta del secolo scorso, era stata ipotizzata la relazione tra una lesione fibrocartilagine triangolare e l’instabilità articolare successiva a fratture distali del radio come la frattura di Colles. Studi successivi hanno chiarito ulteriormente la composizione di questo complesso anatomico che include, oltre al legamento triangolare del polso, i legamenti radio-ulnari dorsale e palmare, il legamento collaterale ulnare, la guaina dell’estensore ulnare del carpo e i legamenti ulno-lunato e ulno-piramidale.

La lesione fibrocartilagine triangolare del polso colpisce prevalentemente sportivi impegnati in attività che sottopongono il polso a movimenti ripetitivi di pronazione e supinazione, deviazione radiale e ulnare e carichi assiali significativi, come avviene nel tennis, baseball, golf, rugby, hockey e basket. È importante ricordare che alterazioni strutturali della fibrocartilagine possono essere comuni anche con l’avanzare dell’età e non sempre si correlano direttamente alla sintomatologia dolorosa.

cartilagine triangolare polso

Classificazione delle Lesioni della Fibrocartilagine Triangolare

Il complesso della fibrocartilagine triangolare o TFCC svolge un ruolo essenziale nella stabilizzazione dell’articolazione radio-ulnare distale e nella distribuzione dei carichi che transitano dall’ulna verso il carpo. Per la sua posizione anatomica e la sua composizione fibrocartilaginea, questa struttura risulta vulnerabile sia a eventi traumatici acuti sia a processi degenerativi cronici. La classificazione più accreditata distingue due grandi categorie di lesioni: traumatiche e degenerative, ciascuna con caratteristiche morfologiche e meccanismi fisiopatologici differenti.

Lesioni traumatiche (Classificazione di Palmer, Tipo 1)

Le lesioni traumatiche si verificano in genere in soggetti giovani o sportivi a seguito di movimenti eccessivi in torsione, cadute su mano estesa in pronazione o traumi compressivi. Il danno si localizza solitamente in una regione ben vascolarizzata della fibrocartilagine, con potenziale di guarigione se trattata correttamente.

La classificazione proposta da Palmer identifica quattro principali sottotipi:

Tipo 1A – Perforazione centrale

Coinvolge la porzione centrale della fibrocartilagine, che è avascolare e quindi con limitato potenziale di guarigione. Non è in genere associata a instabilità dell’articolazione radio-ulnare distale, ma può causare dolore localizzato.

Tipo 1B – Avulsione sul versante ulnare

Comporta il distacco della fibrocartilagine dalla sua inserzione sull’ulna, in particolare a livello della fovea ulnare. Questa lesione può generare instabilità dell’articolazione radio-ulnare distale e sintomi di sublussazione, spesso intermittente.

Tipo 1C – Avulsione distale con coinvolgimento dei legamenti ulnocarpici

Riguarda la separazione della fibrocartilagine dal carpo, in particolare dai legamenti che la connettono a osso piramidale e semilunare. Può risultare in instabilità ulnocarpica e dolore durante i carichi funzionali.

Tipo 1D – Avulsione radiale

Lesione rara, ma rilevante, che comporta il distacco della fibrocartilagine dal radio. Può compromettere sia la congruenza articolare sia la trasmissione dei carichi longitudinali.

Negli ultimi anni, la classificazione di Palmer è stata aggiornata in alcuni studi per includere varianti più dettagliate, distinguendo ad esempio tra avulsioni parziali e complete, oppure specificando la presenza di instabilità dinamica o strutturale. Le tecniche di risonanza magnetica con mezzo di contrasto intra-articolare (artro-risonanza magnetica) e l’artroscopia diagnostica hanno migliorato la precisione nella classificazione e pianificazione terapeutica.

Lesioni degenerative (Classificazione di Palmer, Tipo 2)

Le lesioni degenerative della fibrocartilagine triangolare si osservano più frequentemente in soggetti di mezza età o anziani e derivano da un progressivo deterioramento meccanico della struttura. Questo processo è spesso silente e si manifesta clinicamente dopo anni di microtraumatismi o condizioni anatomiche predisponenti, come la lunghezza relativa aumentata dell’ulna (nota come varianza ulnare positiva), che incrementa il carico sul lato ulnare del polso.

La classificazione di Palmer identifica cinque gradi di degenerazione:

Tipo 2A: Sfilacciamento del disco centrale senza perforazione.

Tipo 2B: Sfilacciamento associato a condromalacia del carpo (in particolare dell’osso semilunare).

Tipo 2C: Perforazione del disco centrale con condromalacia carpo-ulnare.

Tipo 2D: Perforazione associata a instabilità dell’articolazione radio-ulnare distale.

Tipo 2E: Perforazione accompagnata da degenerazione dei legamenti ulnocarpici.

In queste forme, il tessuto fibrocartilagineo mostra una progressiva perdita di integrità meccanica e capacità elastica, fino alla completa perforazione. Il dolore, spesso sordo e localizzato sul lato ulnare del polso, si accentua con i movimenti ripetitivi, il carico assiale o le rotazioni forzate.

Clinicamente è importante distinguere le lesioni degenerative da quelle traumatiche, poiché la strategia terapeutica cambia in modo significativo. Mentre le prime rispondono meglio a interventi conservativi o a debridement artroscopico, le seconde possono richiedere riparazioni chirurgiche più invasive

Diagnosi Differenziale Lesione Fibrocartilagine Triangolare

Il dolore localizzato sul lato ulnare del polso rappresenta una sfida diagnostica frequente e insidiosa, in quanto può derivare da numerose strutture adiacenti e patologie con caratteristiche cliniche sovrapponibili. La fibrocartilagine triangolare è certamente una delle principali responsabili in caso di dolore ulnare, ma non è l’unica, e il clinico deve saper distinguere con precisione tra condizioni diverse, anche quando il sintomo di partenza appare simile. In questo contesto, la diagnosi differenziale non è un semplice esercizio classificatorio, ma un processo attivo di ragionamento clinico che richiede integrazione tra anamnesi, valutazione funzionale e imaging.

Una delle principali condizioni da escludere è la frattura del radio distale, soprattutto quando coinvolge il margine ulnare o presenta estensioni articolari marginali. Queste fratture, spesso conseguenti a traumi diretti o cadute sul polso esteso, si manifestano con dolore acuto, edema e limitazione funzionale, ma possono anche coinvolgere indirettamente la fibrocartilagine triangolare, complicando il quadro. Le radiografie standard, in questi casi, risultano fondamentali per una prima distinzione.

Allo stesso modo, va considerata la frattura dello stiloide ulnare, che può avvenire isolatamente oppure in associazione a fratture del radio. Una frattura alla base dello stiloide, in particolare, può interferire con le inserzioni della fibrocartilagine e determinare sintomi simili a una lesione del legamento stesso, rendendo necessaria una valutazione attenta del punto di massima dolorabilità, della dinamica lesiva e della stabilità dell’articolazione radio-ulnare distale.

Un’altra importante diagnosi differenziale riguarda le alterazioni dell’articolazione tra osso semilunare e osso piramidale, un distretto spesso dimenticato ma cruciale. La degenerazione cartilaginea o l’instabilità di questa articolazione, che può insorgere per microtraumatismi cronici o alterazioni posturali del carpo, si presenta con dolore profondo e meccanico, soprattutto durante i movimenti di deviazione ulnare. La presenza di scrosci articolari o sensazioni di blocco può indirizzare il sospetto verso questa sede, e i test clinici specifici – come la mobilizzazione del semilunare rispetto al piramidale – assumono grande valore diagnostico.

In alcuni casi, il dolore ulnare può derivare da un’instabilità dell’articolazione radio-ulnare distale in assenza di una vera e propria lesione della fibrocartilagine triangolare. Questa instabilità, talvolta idiopatica o correlata a ipermobilità costituzionale, si manifesta con dolore durante la prono-supinazione, senso di cedimento o “click” percepiti dal paziente, senza necessariamente coinvolgere le strutture centrali del complesso fibrocartilagineo. In questi contesti, la valutazione dinamica, l’uso di test provocativi e, se necessario, l’artro-risonanza magnetica o l’artroscopia, aiutano a chiarire il quadro.

Un’altra condizione frequentemente confusa con le lesioni della fibrocartilagine è la tendinopatia dell’estensore ulnare del carpo. Questa patologia, tipica degli sportivi o dei lavoratori manuali, si sviluppa per sovraccarico funzionale e si manifesta con dolore localizzato in sede dorsale-ulnare, accentuato da estensione contro resistenza e deviazione ulnare del polso. A differenza delle lesioni legamentose, il dolore ha una componente più superficiale e dinamica, spesso evocabile con la palpazione diretta del tendine. L’ecografia, in questi casi, rappresenta uno strumento diagnostico efficace e immediato, utile anche per valutare eventuali sublussazioni tendinee durante il movimento.

Non va inoltre sottovalutata l’ipotesi di una patologia compressiva del nervo ulnare, come la sindrome del canale di Guyon o del tunnel cubitale. Quando il dolore si accompagna a parestesie, formicolii o debolezza della presa, specie se distribuiti lungo il quarto e il quinto dito, il sospetto deve spostarsi sul versante neurologico. In questi casi, la diagnosi differenziale è facilitata dalla presenza di sintomi sensoriali e motori tipici, e può essere confermata con test di conduzione nervosa o manovre di compressione provocativa.

Infine, nelle condizioni infiammatorie sistemiche – come l’artrite reumatoide o le sinoviti croniche – il dolore ulnare può essere solo una manifestazione locale di un processo articolare più ampio. Questi pazienti presentano spesso una rigidità mattutina prolungata, gonfiore diffuso, dolore bilaterale e altri segni sistemici. La fibrocartilagine triangolare può risultare coinvolta secondariamente, ma in questi casi la valutazione laboratoristica (velocità di eritrosedimentazione, proteina C reattiva, fattore reumatoide, anticorpi anti-CCP) orienta chiaramente il sospetto.

Durante la valutazione clinica si esegue l’ispezione visiva e test specifici come il segno della fovea, altamente sensibile per lesioni foveali, il test del pianoforte o ballottamento, e il grind test. Le indagini strumentali come la risonanza magnetica e la TAC aiutano a confermare la diagnosi, mentre l’artroscopia rimane il gold standard.

In sintesi, la diagnosi differenziale del dolore ulnare richiede uno sforzo di discernimento clinico che non può prescindere da una visione globale del polso e della sua biomeccanica. La semplice localizzazione del dolore non è mai sufficiente. Serve una ricostruzione ragionata del quadro clinico, fondata su osservazione, test mirati e conferme strumentali, per evitare errori diagnostici che possono compromettere la prognosi funzionale del paziente

Sintomi Tipici Della Lesione Fibrocartilagine Triangolare

Nei pazienti che presentano una lesione della fibrocartilagine triangolare, il sintomo più frequentemente riportato è un dolore localizzato sul versante ulnare del polso, spesso descritto come profondo, persistente e talvolta difficile da localizzare con precisione. Questo dolore tende a intensificarsi durante i movimenti funzionali che sollecitano l’articolazione, in particolare durante la prono-supinazione dell’avambraccio, i gesti di torsione (come aprire un barattolo o usare una chiave), la deviazione ulnare del polso e le prese contro resistenza.

Alla sintomatologia dolorosa si associano frequentemente una riduzione della forza di prensione, una sensazione di debolezza o affaticamento precoce della mano, e una percezione soggettiva di instabilità articolare, soprattutto durante attività che comportano carico o movimenti dinamici del polso. Alcuni pazienti riferiscono episodi di “cedimento” o di perdita momentanea del controllo durante manovre specifiche, come sollevare oggetti pesanti o portare il peso del corpo sulle mani (ad esempio durante esercizi a corpo libero o attività sportive).

Un altro segno riferito con una certa regolarità è la comparsa di click, scatti articolari o veri e propri crepitii percepiti internamente durante il movimento, spesso in corrispondenza di rotazioni forzate o cambi repentini di direzione del polso. Questi rumori articolari, sebbene non sempre dolorosi, vengono vissuti come segnali di “qualcosa che non funziona” e aumentano la preoccupazione del paziente, specie quando associati a dolore o instabilità.

La limitazione nei movimenti può essere franca e misurabile in gradi, oppure solo percepita dal paziente come una difficoltà nell’eseguire certi gesti abituali, spesso accompagnata da una sensazione di resistenza interna o di tensione profonda. In alcuni casi, la restrizione non è tanto dovuta a un blocco meccanico, quanto alla paura del dolore o alla sfiducia nella stabilità articolare.

Nel complesso, la sintomatologia è spesso subdola e intermittente nelle fasi iniziali, ma tende a cronicizzarsi e a impattare significativamente sulle attività quotidiane e sportive, se non adeguatamente trattata.

Trattamento della Lesione Fibrocartilagine Triangolare

Il trattamento delle lesioni del complesso della fibrocartilagine triangolare del polso richiede un approccio individualizzato, che tenga conto non solo della morfologia della lesione, ma anche della sua estensione, della presenza o meno di instabilità articolare, delle esigenze funzionali del paziente e dell’evoluzione temporale dei sintomi. In linea generale, il percorso terapeutico si articola in due grandi strade: una gestione conservativa e, qualora questa si dimostri inefficace o insufficiente, un’opzione chirurgica.

Nella maggior parte dei casi in cui non vi sia una marcata instabilità dell’articolazione radio-ulnare distale, né una frattura ossea associata, la prima scelta ricade su un trattamento conservativo. Questo inizia con una fase di scarico articolare, durante la quale il polso viene immobilizzato mediante un tutore o un’ortesi specifica che limita i movimenti di prono-supinazione e deviazione ulnare, riducendo lo stress sulla fibrocartilagine lesionata. Il periodo di immobilizzazione può variare tra tre e sei settimane, in funzione della gravità della lesione e della risposta clinica del paziente.

Parallelamente, si interviene con una gestione farmacologica del dolore, spesso attraverso l’uso mirato di farmaci antinfiammatori non steroidei per via sistemica o locale, eventualmente affiancati da terapie fisiche ad azione analgesica e decontratturante. In alcuni casi selezionati, può essere presa in considerazione l’infiltrazione intra-articolare con corticosteroidi o acido ialuronico, anche se l’evidenza clinica a supporto di queste strategie è ancora in evoluzione.

Una volta superata la fase acuta e ottenuto un controllo soddisfacente del dolore, si passa gradualmente alla fase riabilitativa attiva. Gli esercizi iniziano con il recupero della mobilità articolare, in particolare nei gradi terminali della prono-supinazione e della deviazione radiale-ulnare, spesso limitati dalla paura del dolore o da un’attivazione protettiva dei muscoli stabilizzatori. Si prosegue poi con il rafforzamento progressivo della muscolatura dell’avambraccio, con particolare attenzione alla sinergia tra muscoli estensori e flessori del carpo, all’integrazione neuromuscolare e alla propriocezione del polso in carico. Questa fase è cruciale per restituire al paziente fiducia nel movimento e prevenire recidive o compensi disfunzionali.

Tuttavia, non tutti i pazienti rispondono in modo favorevole alla gestione conservativa. Se dopo un periodo di circa quattro-sei mesi di trattamento ben condotto persiste dolore significativo, instabilità o limitazione funzionale, diventa indicata la valutazione chirurgica. L’intervento può variare a seconda del tipo di lesione: si va dalla semplice regolarizzazione (debridement) artroscopica nelle perforazioni centrali, alla reinserzione anatomica della fibrocartilagine nei casi di avulsione periferica, fino a procedure più complesse di stabilizzazione dell’articolazione radio-ulnare distale in caso di instabilità marcata.

Dopo l’intervento, il polso viene nuovamente immobilizzato per un periodo che può variare dalle tre alle sei settimane, seguito da una riabilitazione specifica simile a quella del trattamento conservativo, ma adattata al tipo di chirurgia eseguita e ai tempi biologici di guarigione tissutale. La ripresa funzionale completa può richiedere diversi mesi, soprattutto nei pazienti sportivi o in coloro che svolgono lavori manuali gravosi.

In conclusione, la gestione delle lesioni della fibrocartilagine triangolare deve essere guidata da una valutazione clinica attenta e da un dialogo costante tra paziente, fisioterapista e chirurgo della mano. La scelta tra trattamento conservativo e chirurgico non è mai meccanica, ma si fonda su una progressiva osservazione dell’evoluzione clinica, con l’obiettivo comune di restituire funzione, ridurre il dolore e prevenire la cronicizzazione del disturbo.

Prognosi della Lesione Fibrocartilagine Triangolare

La prognosi dipende dall’entità e dal tipo di lesione della cartilagine triangolare del polso, dalle eventuali lesioni associate e dalle esigenze funzionali del paziente. Generalmente, i tempi di recupero variano da 3 a 6 mesi per trattamenti conservativi, mentre interventi chirurgici estendono il recupero fino a 12 mesi, con un protocollo riabilitativo specifico mirato al completo recupero della funzionalità del polso.

Conclusioni 

Le lesioni del complesso della fibrocartilagine triangolare rappresentano una causa frequente ma spesso sottodiagnosticata di dolore ulnare al polso, soprattutto nei soggetti attivi e negli sportivi. La loro gestione richiede una comprensione approfondita dell’anatomia funzionale del polso, un’attenta valutazione differenziale e un approccio terapeutico calibrato sui bisogni del singolo paziente.

La diagnosi non può prescindere da un ragionamento clinico strutturato, che integri anamnesi dettagliata, esame obiettivo specifico e imaging mirato. Solo così è possibile distinguere in modo accurato tra lesioni traumatiche e degenerative, e tra coinvolgimento primario della fibrocartilagine e altre patologie che possono simulare un quadro clinico simile.

Il trattamento conservativo rappresenta nella maggior parte dei casi la prima scelta e può offrire ottimi risultati se condotto in modo mirato, progressivo e integrato. L’intervento chirurgico resta una risorsa efficace nei casi selezionati, soprattutto in presenza di instabilità, dolore persistente o lesioni periferiche riparabili.

In ogni caso, il recupero ottimale della funzione richiede un percorso riabilitativo individualizzato, che non si limiti a ridurre il dolore, ma miri a ripristinare la stabilità articolare, la forza e la fiducia nel movimento. Una gestione multidisciplinare, che coinvolga il medico, il fisioterapista e – se necessario – il chirurgo della mano, è spesso la chiave per ottenere un esito clinico soddisfacente e duraturo.

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Bibliografia

Luchetti R., Cozzolino R., Marcovici L., L., Atzei A. The Pre-1D Lesion of the TFCC-A New Variant of the Palmer 1D Class., Arthrosc Tech., 2022 Jul;  14;11(8):e1435-e1440. doi: 10.1016/j.eats.2022.03.031. PMID: 36061456; PMCID: PMCID: 9437447.