Infiltrazioni gomito: sono utili per l’epicondilite?
Le infiltrazioni al gomito sono procedure mediche che mirano a ridurre il dolore e l’infiammazione nell’area del gomito, spesso causati da condizioni come l’epicondilite, nota anche come “gomito del tennista” o da epitrocleite, detta anche “gomito del golfista”. Molti pazienti quando vengono nel mio studio di fisioterapia a Milano mi domandano spesso: A cosa servono le infiltrazioni al gomito? Quali sono gli effetti collaterali delle infiltrazioni? Quante infiltrazioni di cortisone si possono fare al gomito? L’infiltrazione al gomito serve per ridurre il dolore?
Vediamo di rispondere a queste e altre domande in questo articolo.
Inflitrazioni gomito: In cosa consistono?
Le infiltrazioni al gomito per epicondilite rappresentano un metodo terapeutico mirato a ridurre il dolore e l’infiammazione associati a questa condizione, spesso nota come gomito del tennista. La procedura consiste nell’iniezione di farmaci direttamente nell’area tendinea del gomito, operazione che può essere effettuata sotto guida ecografica utilizzando un ago. Tra i farmaci comunemente utilizzati per le infiltrazioni si trovano il cortisone o l’acido ialuronico, sostanze in grado di offrire un sollievo significativo dai sintomi. L’intera procedura di infiltrazione dura circa venti minuti, il che permette al paziente un ritorno immediato alle normali attività quotidiane, lavorative e sportive.
Per ottenere i migliori risultati, spesso viene raccomandato un ciclo di almeno sei infiltrazioni, che possono essere effettuate sia sulla zona epicondilare, ovvero peritendinea, che sui muscoli estensori dell’avambraccio. Oltre al cortisone, un altro approccio prevede l’uso di derivati piastrinici prelevati dallo stesso paziente, come il plasma ricco di piastrine (PRP), particolarmente consigliati per le forme più acute di epicondilite.
Nelle forme acute di epicondilite, la terapia generalmente mira a eliminare l’infiammazione ed il dolore interrompendo momentaneamente l’attività sportiva e lavorativa del paziente. In aggiunta, può essere consigliato l’uso di antinfiammatori non steroidei (FANS), e in alcuni casi può essere necessaria l’immobilizzazione del gomito per un periodo di circa 20 giorni. Le infiltrazioni per epicondilite rappresentano quindi un’opzione terapeutica valida, che deve essere eseguita da personale medico esperto e in accordo con le linee guida cliniche, per garantire la sicurezza e l’efficacia del trattamento.
Ma siamo sicuri che le infiltrazioni siano la prima scelta terapeutica per eliminare il dolore al gomito per epicondilite o tendinopatia inserzionale al gomito?
La risposta è NO e ora ti spiego il motivo.
Inflitrazioni gomito: Fanno male?
Il grado di dolore percepito durante le infiltrazioni al gomito per epicondilite può variare in modo significativo da paziente a paziente. Fattori come il tipo e la densità del farmaco utilizzato possono influenzare l’intensità del dolore. È comune l’uso di anestetici insieme al farmaco per limitare il disagio durante la procedura. Tuttavia, al di là del dolore immediato, è importante considerare gli effetti a lungo termine delle infiltrazioni, soprattutto se basate su corticosteroidi come il cortisone. La letteratura medica ha evidenziato che l’uso ripetuto di cortisone può portare a una serie di effetti collaterali. Uno di questi è la degenerazione dei tendini, che può indebolire i tendini rendendoli più propensi a sviluppare lesioni. Questo è un motivo per cui durante l’iniezione, l’ago viene posizionato con attenzione per evitare il contatto diretto con i tendini o le loro immediate vicinanze.
Alcuni studi hanno mostrato che le infiltrazioni di cortisone, pur offrendo un sollievo temporaneo dal dolore, non mostrano benefici a lungo termine. Uno studio del 2017 ha confrontato i pazienti trattati con infiltrazioni di cortisone a quelli trattati con soluzioni saline come placebo, evidenziando che entrambi i gruppi non mostravano differenze nella gestione del dolore a lungo termine. Inoltre, nel gruppo trattato con cortisone, si sono verificate ulteriori riduzioni del tessuto cartilagineo.
Sulla base di queste considerazioni, è emerso che la fisioterapia potrebbe offrire un approccio più efficace e duraturo per la gestione del dolore e della funzionalità in condizioni come l’epicondilite. La fisioterapia, attraverso esercizi mirati e altre tecniche di riabilitazione, può affrontare le cause sottostanti del dolore, promuovere la guarigione e migliorare la mobilità, riducendo la necessità di trattamenti invasivi come le infiltrazioni. Inoltre, la fisioterapia non porta con sé i rischi associati agli effetti collaterali degli steroidi. In sintesi, mentre le infiltrazioni di cortisone possono offrire un sollievo temporaneo, la fisioterapia potrebbe rappresentare una scelta migliore per una soluzione a lungo termine.
Infiltrazione al gomito: Effetti collaterali
La gestione del dolore attraverso l’uso di infiltrazioni di cortisone rappresenta una pratica comune, tuttavia, viene esercitata con cautela a causa degli effetti collaterali potenzialmente gravi, in particolare sul sistema tendineo del corpo. La degenerazione tendinea emerge come una problematica significativa associata all’uso reiterato del cortisone. L’impiego di queste infiltrazioni può, infatti, portare ad un indebolimento dei tendini, incrementando il rischio di lesioni. Il cortisone, sebbene efficace nel breve termine per la mitigazione del dolore, può determinare una vulnerabilità tendinea prolungata. Questa situazione risulta particolarmente preoccupante poiché i tendini svolgono un ruolo cruciale nella mobilità e nella stabilità articolare; pertanto, il loro indebolimento può tradursi in una ridotta funzionalità e in un aumento del rischio di infortuni.
Questo aspetto sottolinea la necessità di valutare attentamente l’opportunità di ricorrere al cortisone, considerando le implicazioni a lungo termine sulla salute dei tendini e, di conseguenza, sulla qualità della vita del paziente. Il quadro complessivo degli effetti collaterali del cortisone va quindi ponderato accuratamente, valutando le necessità e le condizioni di salute specifiche del paziente, per garantire un approccio terapeutico equilibrato e informato. Ecco come emerge nuovamente l’importanza di un intervento più conservativo attraverso la fisioterapia per la riduzione del dolore al gomito in caso di epicondilite.
Inflitrazioni gomito per l’epicondilite? Meglio la fisioterapia
La gestione di questa patologia può variare in base alla gravità e alla cronologia dei sintomi. Come suggerito, la gestione conservativa è spesso la prima linea di trattamento, riservando interventi chirurgici per quei casi che non rispondono ai trattamenti non invasivi.
Il trattamento fisioterapico punta primariamente a alleviare il dolore e a promuovere la funzionalità attraverso diverse strategie, personalizzate in base allo stadio della patologia:
- Educazione al dolore: La Pain Neuroscience Education (PNE) è una strategia chiave che mira a fornire ai pazienti una comprensione dettagliata dei meccanismi del dolore, contribuendo a modificare le credenze errate e a promuovere un atteggiamento proattivo verso il recupero.
- Modificazione delle attività e dei carichi di lavoro/allenamento: Personalizzare i parametri di volume, frequenza e intensità dell’allenamento può contribuire a ridurre lo stress sul tendine interessato, facilitando il processo di guarigione.
- Terapia Manuale: Esistono evidenze moderate che supportano l’uso della terapia manuale nel breve termine, specialmente quando combinata con esercizi graduati. Tecniche come la mobilizzazione laterale del gomito e la mobilizzazione postero-anteriore della testa radiale possono essere utili. Un altra strategia è l’esercizio terapeutico che si è dimostrato fondamentale nella gestione della tendinopatia laterale del gomito. Una progressione graduale e crescente dell’esercizio è raccomandata, con un’attenzione particolare alla tolleranza del dolore durante l’attività. Alcuni approcci includono:
- Contrazioni isometriche: utili nella fase di alta irritabilità per promuovere l’analgesia.
- Contrazioni isotoniche: cominciate con il gomito in flessione per ridurre la compressione sul tendine, con una progressiva aumento del carico come tollerato.
- Esercizi di controllo motorio: come la dissociazione del polso e delle dita in estensione.
- Rafforzamento della cuffia dei rotatori e della scapola: basato sui deficit identificati durante l’esame clinico.
Ma la gestione chirurgica invece può essere utile? La gestione chirurgica dovrebbe essere considerata solo dopo che i trattamenti conservativi sono stati esauriti senza successo. È cruciale che i pazienti siano pienamente informati circa l’incertezza che pervade l’efficacia delle procedure chirurgiche nella risoluzione dell’epicondilalgia.
Inflitrazioni gomito: Conclusioni
Le infiltrazioni al gomito non sono generalmente la prima scelta di trattamento per alcune condizioni come l’epicondilite. In particolare, è sconsigliato fare più di una infiltrazione, soprattutto in caso di forme croniche o recidive del dolore. Questo perché, se da un lato le infiltrazioni possono offrire un sollievo temporaneo, dall’altro non rappresentano una soluzione definitiva al problema sottostante.
Un altro aspetto da considerare è l’approccio terapeutico adottato. Spesso, viene suggerita la fisioterapia come primo approccio terapeutico per l’epicondilite. Un corretto programma di fisioterapia può infatti ridurre il dolore e migliorare la funzione del gomito. In questo contesto, le infiltrazioni possono essere considerate come un supporto in un programma riabilitativo più ampio, piuttosto che come una soluzione iniziale.
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Bibliografia
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