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Frattura Scapola: Dal Trauma alla Riabilitazione

La frattura della scapola, o frattura scapola o fratture scapole, come ci racconta il dott. Stefano Diprè Fisioterapista per spalla a Milano, rappresenta un evento traumatico relativamente raro, ma dalle implicazioni cliniche importanti, data la posizione anatomica e le funzioni biomeccaniche che essa svolge nella dinamica articolare della spalla. Questa tipologia di frattura, comunemente nota come “scapola rotta” o “frattura alla scapola”, avviene quasi esclusivamente in seguito a traumi ad alta energia cinetica. Tra le cause più frequenti vi sono incidenti automobilistici con impatto diretto o laterale sul torace, cadute da elevate altezze con impatto dorsale e violenti contatti sportivi, come collisioni nel rugby o impatti nel motociclismo e nello sci ad alta velocità. Sebbene costituisca soltanto circa l’1% di tutte le fratture scheletriche registrate, la complessità strutturale della scapola impone una gestione clinica meticolosa e spesso interdisciplinare, con valutazioni ortopediche e fisioterapiche altamente specializzate, per garantire la piena ripresa della mobilità articolare, della forza muscolare e della stabilità funzionale dell’intera spalla.

Dal punto di vista anatomico, la scapola è un osso piatto, sottile e dalla forma tipicamente triangolare, situato posteriormente nella gabbia toracica e posizionato tra la seconda e la settima costa. La sua conformazione presenta diverse prominenze e depressioni essenziali alla biomeccanica della spalla. Superiormente, la scapola si articola con la clavicola mediante l’articolazione acromioclavicolare, mentre lateralmente ospita la cavità glenoidea che accoglie la testa dell’omero, formando la fondamentale articolazione glenomerale. Questa cavità, di dimensioni relativamente ridotte rispetto alla testa omerale, consente una straordinaria mobilità articolare della spalla, permettendo movimenti ampi e multidirezionali, come elevazione, depressione, adduzione, abduzione, flessione, estensione e le rotazioni interne ed esterne del braccio. Proprio tale elevata mobilità rende però la regione particolarmente vulnerabile a instabilità e complicanze funzionali in caso di fratture o lesioni anatomiche.

Numerosi gruppi muscolari, essenziali per il controllo fine della postura scapolare e per la stabilità dinamica della spalla, si inseriscono sulla scapola. Tra i più importanti troviamo il trapezio, che svolge un ruolo centrale nel sollevare e stabilizzare la scapola durante i movimenti di abduzione e elevazione del braccio; il dentato anteriore, fondamentale per mantenere la scapola aderente alla parete toracica, evitando la tipica protrusione scapolare patologica (“scapola alata”); e infine i romboidi, che partecipano attivamente nella retrazione e nella stabilizzazione scapolare durante movimenti complessi e carichi elevati. Inoltre, altri muscoli come l’elevatore della scapola, il piccolo pettorale e i muscoli della cuffia dei rotatori si inseriscono direttamente o indirettamente sulla scapola, contribuendo ulteriormente alla sua stabilità e mobilità articolare.

In virtù di tale complessità anatomica e funzionale, la gestione terapeutica della frattura scapolare richiede una valutazione clinica accurata, accompagnata spesso da indagini diagnostiche avanzate (come la TAC), e successivamente un programma riabilitativo mirato a ripristinare integralmente l’integrità muscolare, la stabilità articolare e l’efficienza biomeccanica della spalla.

fratture scapole

Tipologie di Frattura Scapola

Le fratture della scapola presentano differenti caratteristiche cliniche e morfologiche, e per questo motivo è necessario classificarle in maniera dettagliata per definire le migliori strategie terapeutiche e riabilitative.

In primo luogo, dal punto di vista del grado di spostamento dei frammenti ossei, le fratture possono essere distinte in:

  • Fratture composte della scapola: questo tipo di frattura è caratterizzato dalla presenza di una rima fratturativa ben definita, ma con i frammenti ossei che restano in una posizione anatomica corretta e allineata. Generalmente, tali fratture mostrano una buona prognosi e tendono a guarire spontaneamente con immobilizzazione temporanea e terapia conservativa.
  • Fratture scomposte della scapola: in questo caso, i frammenti ossei risultano spostati e perdono la loro naturale disposizione anatomica. Lo spostamento può essere più o meno pronunciato e può coinvolgere deformazioni significative della struttura ossea, comportando un rischio maggiore di complicanze, come limitazioni funzionali o instabilità articolari. Pertanto, queste fratture richiedono spesso un intervento chirurgico, seguito da una riabilitazione specialistica.

In secondo luogo, considerando la specifica sede anatomica della scapola coinvolta, le fratture possono essere ulteriormente suddivise nelle seguenti tipologie principali:

  • Fratture del corpo scapolare: interessano la porzione ampia, piatta e triangolare della scapola, situata posteriormente alla gabbia toracica. Sono spesso conseguenti a un impatto diretto violento, come cadute da alte altezze o forti contusioni posteriori al torace. Sebbene possano sembrare meno critiche per l’assenza di articolazioni direttamente coinvolte, è fondamentale assicurare una corretta stabilizzazione e un trattamento adeguato per prevenire dolore cronico, limitazioni della mobilità scapolare e problemi di postura secondari.
  • Fratture del collo scapolare: queste fratture colpiscono la porzione più stretta della scapola, chiamata collo, che collega il corpo scapolare alla cavità articolare detta glena. La frattura del collo scapolare è particolarmente delicata perché può compromettere la stabilità e il corretto orientamento della glena, influenzando di conseguenza l’articolazione con l’omero e determinando spesso dolore significativo e limitazione funzionale rilevante. Se la frattura è scomposta, è frequente la necessità di un trattamento chirurgico per ripristinare correttamente l’architettura anatomica.
  • Fratture della glena: queste rappresentano forse le fratture scapolari più complesse dal punto di vista funzionale, poiché coinvolgono direttamente la cavità articolare che ospita la testa omerale, formando l’articolazione glenomerale. Anche lievi alterazioni nella struttura della glena possono determinare instabilità articolare, rischio di lussazioni ricorrenti, limitazioni della mobilità e artrosi precoce. Queste fratture sono trattate spesso chirurgicamente con tecniche precise di riduzione e fissazione interna per garantire un recupero articolare ottimale.

Ciascuna delle tipologie sopra descritte di fratture scapolari possiede caratteristiche, prognosi e indicazioni terapeutiche specifiche. Pertanto, una classificazione corretta e una valutazione clinica approfondita sono indispensabili per definire la gestione ottimale di ogni paziente, minimizzare le complicanze e favorire un recupero completo delle funzioni della spalla.

Frattura Scapola: Sintomi Comuni

I sintomi delle fratture scapolari possono manifestarsi con diversa intensità e caratteristiche cliniche a seconda del tipo e della gravità della frattura stessa, nonché del coinvolgimento di eventuali strutture articolari o muscolari adiacenti. Sebbene il quadro clinico possa variare significativamente da un caso all’altro, è possibile identificare alcuni segni e sintomi comuni e ricorrenti che possono guidare il sospetto diagnostico e la gestione clinica della lesione.

  • Dolore acuto e persistente: il dolore rappresenta il sintomo principale e più immediato. Generalmente è molto intenso, localizzato nella zona scapolare e può irradiarsi anche alla spalla, al collo o al braccio. Il dolore tende ad accentuarsi con il movimento attivo o passivo della spalla, specialmente durante abduzione, elevazione o rotazione del braccio, rendendo molto difficoltosa o impossibile l’esecuzione delle attività quotidiane. Anche la palpazione diretta della regione interessata solitamente provoca una forte reazione dolorosa del paziente.
  • Gonfiore ed ematoma: la frattura della scapola spesso è accompagnata da gonfiore locale causato dall’edema dei tessuti molli circostanti e dalla possibile formazione di ematomi dovuti al sanguinamento interno. L’entità del gonfiore e dell’ematoma può variare in base alla gravità della frattura e al grado di lesione dei tessuti circostanti. Nei casi più seri, l’ematoma può estendersi e diffondersi posteriormente sulla schiena e superiormente verso la regione della spalla o del collo, risultando ben visibile all’ispezione clinica.
  • Limitazione funzionale marcata: una frattura scapolare determina frequentemente una drastica riduzione della mobilità della spalla coinvolta. La limitazione può interessare movimenti specifici come elevazione, abduzione e rotazione, o presentarsi in maniera globale e generalizzata. La rigidità funzionale può essere conseguenza del dolore intenso, di contratture muscolari riflesso-protettive o di instabilità articolare dovuta allo spostamento dei frammenti ossei. In molti casi, il paziente adotta spontaneamente una posizione di protezione, tenendo il braccio vicino al corpo per ridurre il dolore.
  • Deformità o asimmetria scapolare evidente: nelle fratture scomposte della scapola può essere presente una visibile alterazione dell’aspetto anatomico della regione scapolare. La deformità si manifesta tipicamente con un aspetto asimmetrico della spalla rispetto al lato sano, risultando più evidente nelle fratture con importante spostamento dei frammenti ossei. Questa condizione può essere accompagnata da un’alterazione palpabile della normale anatomia ossea scapolare.
  • Crepitio e scroscio articolare: durante l’esecuzione di movimenti anche minimi o durante la palpazione manuale, è possibile avvertire un caratteristico rumore o sensazione di “scroscio” o “crepitio”, determinato dallo sfregamento dei frammenti ossei fratturati fra loro. Questo segno clinico rappresenta un forte indicatore diagnostico della presenza di una frattura, specialmente se accompagnato dagli altri sintomi descritti.
  • Sintomi associati a lesioni concomitanti: considerando che la frattura della scapola generalmente deriva da traumi violenti e ad alta energia, è possibile osservare sintomi aggiuntivi correlati a lesioni associate delle strutture anatomiche vicine, come fratture costali, lussazioni della spalla, lesioni nervose (ad esempio, del nervo sovrascapolare o del plesso brachiale), o anche complicanze vascolari. Tali condizioni si manifestano con sintomi specifici, come formicolii, parestesie o debolezza dell’arto superiore, difficoltà respiratorie in caso di coinvolgimento toracico, e richiedono una valutazione clinica urgente e approfondita.

I sintomi delle fratture scapolari riflettono la complessità anatomica e funzionale della regione scapolare e della spalla. È essenziale una valutazione clinica e diagnostica tempestiva e approfondita, spesso mediante imaging radiografico e tomografia computerizzata, per definire accuratamente il tipo e la gravità della frattura e pianificare un trattamento specifico mirato al recupero funzionale completo e alla prevenzione delle complicanze a lungo termine.

Diagnosi della Frattura Scapola

La diagnosi accurata e tempestiva della frattura della scapola è cruciale per definire il percorso terapeutico e riabilitativo più adeguato, prevenendo complicazioni funzionali e garantendo il miglior recupero possibile. La diagnosi si articola attraverso una precisa sequenza di valutazioni cliniche e strumentali, finalizzate ad analizzare dettagliatamente la localizzazione, la tipologia e l’entità della frattura stessa, oltre a individuare eventuali lesioni associate.

La prima fase della diagnosi consiste nell’esame clinico accurato da parte del medico specialista (ortopedico o traumatologo). Durante questa fase il medico analizza la storia traumatica del paziente, valutando modalità, energia del trauma e posizione del corpo al momento dell’impatto. Viene successivamente effettuato un esame fisico dettagliato, con particolare attenzione a segni clinici come dolore localizzato alla palpazione, gonfiore, deformità visibili, crepitio dei frammenti ossei e limitazioni significative del movimento della spalla.

La radiografia rappresenta solitamente il primo esame strumentale eseguito per la conferma diagnostica iniziale di una sospetta frattura scapolare. Le proiezioni radiografiche standard sono la vista antero-posteriore (AP), la laterale (proiezione scapolare a “Y”) e talvolta la proiezione ascellare (axillary view), quest’ultima particolarmente utile per valutare fratture che coinvolgono la glena. La radiografia permette di confermare rapidamente la presenza di una frattura, di definirne la posizione e l’eventuale grado di scomposizione. Tuttavia, la radiografia tradizionale può sottostimare alcune lesioni più sottili o articolari complesse, rendendo necessari ulteriori approfondimenti con esami più sofisticati.

La TC rappresenta lo standard di riferimento (“gold standard”) nella valutazione dettagliata delle fratture scapolari, specialmente quando sono presenti fratture articolari complesse o fratture scomposte. La TC consente una precisa ricostruzione tridimensionale della scapola, permettendo di definire con estrema accuratezza la posizione, il numero, la dimensione e il grado di scomposizione dei frammenti ossei. Questo esame è fondamentale per pianificare correttamente eventuali trattamenti chirurgici, aiutando il chirurgo a decidere l’approccio operatorio migliore, valutare il tipo di fissazione da utilizzare (placche, viti, fili) e identificare eventuali lesioni concomitanti, come lussazioni associate o fratture costali vicine.

La risonanza magnetica è un esame raramente utilizzato come prima scelta nella diagnosi della frattura della scapola, ma può rivelarsi molto utile per analizzare eventuali lesioni associate dei tessuti molli, dei legamenti, della cuffia dei rotatori o di altre strutture articolari, spesso coinvolte nei traumi violenti. La risonanza magneticaconsente di identificare con precisione eventuali danni muscolari, tendinei o legamentosi associati, offrendo un quadro clinico completo che permette una gestione terapeutica più mirata e specifica, soprattutto in casi in cui il paziente presenti sintomi clinici sospetti di lesioni dei tessuti molli (es. debolezza muscolare, dolore persistente o instabilità articolare).

Trattamento della frattura della scapola

Il trattamento delle fratture scapolari deve essere scelto sulla base di diversi fattori, tra cui tipo e sede della frattura, grado di scomposizione, coinvolgimento articolare, stabilità della lesione e presenza di lesioni associate. L’obiettivo finale del trattamento è ottenere un perfetto recupero anatomico e funzionale della spalla, minimizzando le complicanze e ottimizzando il ritorno alle normali attività quotidiane e sportive.

Trattamento Conservativo Frattura Scapola

Il trattamento conservativo è generalmente riservato alle fratture composte o minimamente scomposte, stabili e non articolari o con minima compromissione della superficie articolare. Questo tipo di trattamento prevede principalmente:

  • Immobilizzazione: generalmente con tutore, fascia o bendaggio funzionale (tipo Desault o tutore a immobilizzazione semplice) che mantiene la spalla protetta in posizione neutra per circa 3-6 settimane, permettendo al callo osseo di formarsi senza stress meccanici eccessivi.

  • Terapia antidolorifica e antinfiammatoria: per alleviare il dolore, ridurre il gonfiore locale e migliorare il comfort durante il periodo iniziale post-trauma. Tipicamente, si utilizzano farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) o analgesici semplici.

  • Riposo e gestione attenta delle attività: il paziente è invitato a evitare attività che possano provocare dolore o stress meccanico eccessivo sulla scapola lesionata, in particolare nelle prime settimane di guarigione.

  • Riabilitazione precoce e progressiva: dopo un primo periodo di immobilizzazione (2-3 settimane), solitamente si introduce gradualmente un programma riabilitativo mirato. La fisioterapia comprende inizialmente esercizi passivi di mobilizzazione delicata, passando gradualmente a movimenti attivi-assistiti e attivi per ripristinare forza, mobilità articolare e stabilità scapolare. Una riabilitazione appropriata consente solitamente un recupero completo entro 2-3 mesi.

Trattamento Chirurgico Frattura Scapola

Il trattamento chirurgico è indicato prevalentemente per fratture scapolari più complesse, instabili o scomposte, con significativo coinvolgimento articolare (specialmente della glena o del collo scapolare). In questi casi, l’intervento chirurgico mira a ristabilire l’allineamento anatomico ideale dei frammenti ossei, per garantire un recupero ottimale delle funzioni articolari. Il trattamento chirurgico prevede generalmente:

  • Riduzione anatomica: la riduzione chirurgica dei frammenti ossei prevede l’esatta ricostruzione anatomica della scapola mediante intervento chirurgico aperto (open reduction) e posizionamento corretto dei frammenti.

  • Fissazione interna con placche e viti: dopo la riduzione dei frammenti, il chirurgo procede alla stabilizzazione definitiva della frattura utilizzando placche metalliche anatomiche e viti in titanio o acciaio chirurgico, che assicurano la stabilità necessaria durante la guarigione.

  • Gestione delle lesioni associate: durante l’intervento, eventuali lesioni concomitanti di tessuti molli, muscoli, tendini o articolazioni vengono riparate e stabilizzate, garantendo una soluzione integrata della lesione.

  • Riabilitazione intensiva e specializzata: dopo l’intervento, la riabilitazione diventa cruciale per garantire un recupero completo e ottimale. Generalmente, si prevede un breve periodo iniziale di immobilizzazione per consentire una prima guarigione ossea stabile, seguito da esercizi riabilitativi progressivi, volti a recuperare la forza muscolare, il range di movimento articolare e la stabilità funzionale della spalla lesionata. La piena ripresa funzionale avviene generalmente entro 4-6 mesi dall’intervento.

La scelta tra trattamento conservativo e chirurgico dipende da diversi fattori specifici della lesione e del paziente stesso, e richiede una valutazione approfondita da parte di specialisti esperti in traumatologia e ortopedia della spalla, in collaborazione con fisioterapisti qualificati per garantire il miglior recupero funzionale possibile.

Fase Riabilitativa dopo Frattura Scapola

La riabilitazione dopo rappresenta una fase essenziale e imprescindibile nel percorso di recupero funzionale successivo alla frattura della scapola. Data la complessità anatomica della regione scapolo-omerale, un programma riabilitativo mirato, graduale e strutturato consente al paziente di recuperare pienamente forza, mobilità articolare, controllo motorio e stabilità scapolare, prevenendo allo stesso tempo complicanze o limitazioni funzionali permanenti.

La riabilitazione, dunque, si suddivide tradizionalmente in tre fasi ben distinte ma complementari tra loro, che seguono una progressione temporale e funzionale molto precisa, adattata in base al tipo di frattura, al trattamento effettuato (conservativo o chirurgico) e alle specifiche esigenze del paziente.

Fase iniziale (0-4 settimane)

Questa fase ha come obiettivo principale la protezione del focolaio di frattura e il controllo dei sintomi dolorosi e infiammatori, consentendo al tessuto osseo di avviare correttamente i processi di guarigione:

  • Immobilizzazione con tutore:
    Si utilizza generalmente un tutore a fascia tipo Desault o un bendaggio funzionale specifico per proteggere l’arto e mantenere la spalla in posizione neutra e stabile. È fondamentale rispettare le tempistiche e la modalità di immobilizzazione indicate dall’ortopedico per evitare complicanze di guarigione.

  • Gestione del dolore e infiammazione:
    È fondamentale un controllo efficace del dolore tramite farmaci analgesici e anti-infiammatori prescritti dal medico. Possono essere applicate tecniche semplici come la crioterapia (applicazioni locali di ghiaccio per 15-20 minuti, più volte al giorno), utili per ridurre gonfiore e dolore locale.

  • Mobilizzazione passiva assistita precoce:
    È cruciale evitare la rigidità articolare attraverso esercizi passivi molto delicati eseguiti dal fisioterapista, rispettando la soglia di dolore e le limitazioni imposte dalla condizione clinica. In questa fase, movimenti passivi controllati (es. movimenti pendolari di Codman modificati) vengono eseguiti per mantenere una minima mobilità articolare e prevenire le adesioni capsulari.

  • Esercizi di mobilizzazione del gomito, polso e mano:
    In parallelo, esercizi attivi semplici delle articolazioni adiacenti (gomito, polso e mano) evitano ulteriori rigidità e mantengono la circolazione e il trofismo muscolare dell’intero arto superiore.

Fase intermedia (4-8 settimane)

In questa fase si comincia a recuperare gradualmente il movimento e si inizia un programma iniziale di rinforzo muscolare mirato e delicato:

  • Mobilizzazione articolare attiva-assistita:
    Si introducono gradualmente esercizi in cui il paziente esegue movimenti attivi con l’assistenza iniziale del terapista o di un supporto esterno (es. bastone, carrucola). I movimenti chiave comprendono elevazione, abduzione, rotazioni interne ed esterne progressive, nel pieno rispetto del dolore.

  • Rinforzo muscolare isometrico:
    Si eseguono esercizi isometrici delicati per iniziare il recupero della forza muscolare dei principali muscoli stabilizzatori della spalla (romboidi, trapezio, dentato anteriore, cuffia dei rotatori). Le contrazioni isometriche evitano movimenti articolari, proteggendo la guarigione della frattura e favorendo il recupero iniziale della forza.

  • Esercizi di stretching graduale:
    Lo stretching delicato per il trapezio superiore, elevatore della scapola, pettorale minore e cuffia dei rotatori aiuta a ripristinare la lunghezza muscolare e prevenire rigidità capsulari.

  • Tecniche di mobilizzazione scapolare:
    Vengono introdotte tecniche manuali dolci di mobilizzazione scapolare per recuperare il normale ritmo scapolo-omerale, migliorare la propriocezione scapolare e prevenire squilibri biomeccanici.

Fase avanzata (8-12 settimane e oltre)

Questa fase rappresenta il momento chiave per il completo ripristino della funzionalità della spalla, con una transizione graduale verso la piena attività quotidiana e sportiva:

  • Esercizi di rinforzo muscolare progressivo:
    Si incrementa progressivamente il carico attraverso esercizi con bande elastiche di resistenza crescente, manubri leggeri, esercizi a corpo libero, e successivamente macchine isotoniche dedicate. Grande attenzione è posta su muscoli scapolari (romboidi, trapezio medio e inferiore, dentato anteriore) e cuffia dei rotatori, fondamentali per stabilizzare e supportare correttamente la spalla durante i movimenti più complessi.

  • Allenamento propriocettivo e neuromuscolare:
    Esercizi propriocettivi con superfici instabili (es. fitball, bosu, tavolette propriocettive) sono fondamentali per ripristinare la coordinazione fine, il controllo motorio e la stabilità dinamica della spalla.

  • Esercizi funzionali e sport-specifici:
    Nelle ultime fasi, esercizi specifici che simulano i gesti motori tipici delle attività quotidiane e sportive vengono introdotti progressivamente per garantire un ritorno completo alle prestazioni precedenti alla lesione.

  • Stretching avanzato e mobilità articolare completa:
    Esercizi più avanzati di stretching e mobilità articolare consentono di recuperare l’intero range articolare fisiologico, prevenendo qualsiasi limitazione futura.

Esercizi Specifici per la Frattura Scapolare

  • Esercizio pendolare di Codman:
    Il paziente, leggermente piegato in avanti, lascia il braccio libero di oscillare delicatamente in varie direzioni (circolare, avanti-indietro, laterale). Questo esercizio migliora la mobilità passiva iniziale e previene l’irrigidimento articolare precoce.

  • Retrazioni scapolari:
    Il paziente, in posizione seduta o eretta, esegue retrazioni scapolari portando le scapole indietro e verso il basso, contraendo romboidi e trapezio medio-inferiore. Questo esercizio migliora la stabilità scapolare, la postura e previene l’instabilità dinamica.

  • Esercizi specifici per la cuffia dei rotatori:
    Rotazioni interne ed esterne eseguite con gomito aderente al busto, con elastici o piccoli pesi. Questi esercizi sono fondamentali per rinforzare i muscoli stabilizzatori della cuffia e prevenire instabilità future o sindromi da impingement spalla.

Possibili complicanze della Frattura Scapolare

Se non gestita adeguatamente, la frattura scapolare può generare complicanze rilevanti e spesso permanenti, tra cui:

  • Dolore cronico e persistente:
    La mancata guarigione corretta, la rigidità articolare persistente o lo squilibrio muscolare possono determinare dolore cronico, anche a lungo termine.

  • Riduzione permanente della mobilità articolare:
    Rigidità articolare, adesioni capsulari e formazione di tessuto cicatriziale possono limitare permanentemente il movimento, compromettendo la qualità della vita e le attività quotidiane.

  • Artrosi scapolo-omerale precoce:
    La mancata riduzione anatomica delle fratture articolari (specialmente della glena) determina alterazioni meccaniche e cartilaginee che possono accelerare fenomeni artrosici precoci, causando dolore e limitazioni significative nel lungo periodo.

Una riabilitazione precoce, attenta e personalizzata rimane la miglior strategia per prevenire tali complicanze, garantendo un recupero completo e duraturo della funzionalità scapolare e della spalla nel suo insieme.

Conclusione

La frattura della scapola, sebbene rappresenti una lesione traumatica poco frequente, costituisce una sfida clinica significativa a causa della complessità anatomica e della sua importanza biomeccanica nella dinamica della spalla. Una diagnosi tempestiva e accurata, un trattamento chirurgico o conservativo mirato, e una riabilitazione specialistica pianificata in maniera precisa e progressiva sono fondamentali per assicurare un recupero funzionale completo e duraturo.

La gestione di questa patologia richiede un approccio integrato e multidisciplinare, coinvolgendo ortopedici, traumatologi e fisioterapisti esperti nella riabilitazione della spalla. Questo approccio collaborativo consente di affrontare efficacemente sia gli aspetti strutturali e biomeccanici sia quelli funzionali e psicologici del recupero. L’obiettivo finale è quello di garantire non solo la ripresa completa delle funzioni articolari e muscolari ma anche di evitare complicanze quali dolore cronico, instabilità articolare o artrosi precoce, migliorando significativamente la qualità di vita del paziente e il ritorno pieno alle attività quotidiane, lavorative e sportive precedenti alla lesione.

In sintesi, il successo del trattamento della frattura scapolare dipende da una gestione accurata, tempestiva e altamente personalizzata, in grado di adattarsi continuamente alle esigenze specifiche del paziente durante tutto il percorso riabilitativo.

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Bibliografia

  • Libby C, Frane N, Bentley TP. Scapula Fracture. 2023 Jul 17. In: StatPearls [Internet]. Treasure Island (FL): StatPearls Publishing; 2025